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Lavorare in coworking fa bene ai dipendenti. Ma alle aziende?

Pubblicato il: 25/09/2024 – 15:22

Quali sono le conseguenze sulle aziende? Come cambia il legame business-dipendente se non c’è più un ufficio a suggellarlo?

Ormai si sa: lavorare in spazi di lavoro condivisi fa bene ai dipendenti. Gli studi hanno infatti dimostrato che rispetto agli uffici tradizionali, chi lavora in coworking riporta maggior flessibilità e capacità di fare networking, nonché un più forte senso di comunità. Ma quali sono le conseguenze sulle aziende? Come cambia il legame business-dipendente se non c’è più un ufficio a suggellarlo? Se lo sono chiesti alcuni ricercatori della University of Michigan, curiosi di capire come la cultura del coworking influenzi l’identità professionale dei lavoratori e delle loro aziende. I risultati del loro studio, riportati dall’Harvard Business Review, sono sorprendenti. Lo studio è stato condotto dal 2017 al 2018 in collaborazione con un’importante catena di coworking americana, di cui sono stati intervistati più di mille nuovi membri negli Stati Uniti. Le loro opinioni sono state raccolte ciclicamente, così da osservarne l’evoluzione con il passare del tempo.

Il coworking rafforza il legame Lavoratore-Azienda

Un primo sondaggio chiedeva ai nuovi membri quanto fossero d’accordo con affermazioni come “Ho molto in comune con gli altri nel coworking” e “Ho molto in comune con gli altri nella mia azienda”, per determinare se si identificassero di più con la cultura dell’uno o dell’altra. I ricercatori si aspettavano che il legame con lo spazio di coworking si sarebbe rafforzato nel tempo mentre quello con i datori di lavoro si sarebbe via via indebolito, riducendo così i vantaggi dell’identificazione lavoratore-azienda. Invece i risultati hanno dimostrato il contrario: “Abbiamo osservato che il legame con la propria azienda era significativamente superiore rispetto a quello con lo spazio di lavoro stesso”. Incredibilmente, lavorare in coworking a distanza non intacca il legame lavoratore-azienda, ma lo rafforza.

Una scelta economica, strategica e funzionale

I risultati dello studio dicono tanto sul mondo del coworking. La decisione di lavorare in questi spazi viene da ragioni pratiche e vantaggi economici, ma non solo: è una scelta innanzitutto culturale. Sono spazi di lavoro in cui si realizza l’assimilazione di diverse visioni, idee e culture. Spazi professionali, capaci di rafforzare l’orgoglio e la self-confidence dei dipendenti, alimentando la loro consapevolezza di sé come lavoratori. Spazi di condivisione, creatori di socialità ma capaci al contempo di rafforzare il legame dell’individuo con l’azienda di cui fa parte. Scegliere il coworking significa dare valore all’incontro e alla relazione tra ambienti diversi.

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L’Avviso Pubblico “FUSESE – Fund for Self Employment and Self Entrepreneurship” è l’incentivo con il quale la REGIONE CALABRIA intende sostenere e promuovere la nascita di attività imprenditoriali da parte di categorie di disoccupati, disoccupati di lunga durata e di soggetti con maggiori difficoltà di inserimento lavorativo

Obiettivo

Sostenere e promuovere la nascita di attività imprenditoriali da parte di categorie di disoccupati, disoccupati di lunga durata e di soggetti con maggiori difficoltà di inserimento lavorativo. * Il sostegno è concesso sia sotto forma di prestito agevolato (microcredito) che sotto forma di sovvenzione (contributo a fondo perduto) in conformità con le disposizioni di cui all’art. 58(5) RDC.

Destinatari

Lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati di cui all’art. 2 (4 e 99) del Reg. 651/14 (di seguito anche GBER) con lo status di disoccupati che intendono avviare una nuova attività imprenditoriale.

I destinatari si impegnano alla costituzione di un’impresa rientrante nella definizione di Piccola Impresa di cui all’Allegato 1 del Reg. 651/2014. “Lavoratore Svantaggiato”: rientra in tale categoria chiunque soddisfi, alla data di presentazione della domanda, UNA delle seguenti condizioni:
i. non avere un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; o
ii. avere un’età compresa tra i 15 e i 24 anni (nel rispetto della legislazione
italiana); o
iii. non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello
ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno da non più di due
anni e non avere ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
o
iv. aver superato i 50 anni di età; o
v. essere un adulto che vive solo con una o più persone a carico; o
vi. essere occupato in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità
uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna
in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore
interessato appartiene al genere sottorappresentato; o
vii. appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro e avere la
necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la
propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad
un’occupazione stabile.

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